Intervista: FEDERICO BIANCALANI “Des ailes couvrent les feuilles”

Una sera di Aprile, quando ancora non era primavera ma di certo l’inverno era finito, sono andata a teatro per la messa in scena di un’opera minore di Čechov.

In quella occasione ho visto in scena una delle ultime creazioni di Federico Biancalani.

Mi ha incuriosito non poco.

Quel ”viaggio” in Russia aveva lasciato intravedere paesaggi che volevo visitare subito, scendendo dal treno e andando a piedi, con tutta la voglia di dare spazio alla meraviglia.

Felicemente persa, eccomi a raccontare.

Scenografia, illustrazione, formazione, scultura, pittura, grafica, sono gli ambiti in cui il lavoro di Biancalani si concretizza.

Una solida formazione e numerose, notevoli esperienze, spesso riconosciute da premi e menzioni di merito, lo caratterizzano. Un lavoro che si configura come ricerca espressiva costante, in dialogo aperto con il momento presente e le sue dimensioni più recondite.

La natura spesso è messa in scena e celebrata con una semplicità minimalista che ne esalta la straordinarietà.

Creazioni che rimandano a una dimensione dell’essere che si colloca tra ragione e inconscio, sonno e veglia, dinamica e stasi.

Ti trovi davanti a una sua illustrazione e pensi al surrealismo.

Ma poi dimentichi questa parola. Del resto non è che una definizione, mentre, per rifarmi alle parole di qualcun altro, l’arte dà forma agli enigmi e lascia perdere le soluzioni.

Per conoscere meglio Federico Biancalani, oltre a leggere questa intervista, si può navigare verso il suo sito, l’esperienza diretta saprà dire certo più delle mie parole.

http://www.federicobiancalani.com/

babbo.jpg: Opera di Federico Biancalani, Titolo: Babbo, tecnica: acquerello su carta, 25x35 cm, 1978
Opera di Federico Biancalani, Titolo: Babbo, tecnica: acquerello su carta, 25×35 cm, 1978

Federico, da bambino,  sapeva già che lavoro voleva fare da grande?

‘Federico da grande’ sa che ‘Federico da bambino’ è ormai perso e non vuol fare come certe vedove che mettono in bocca al marito defunto affermazioni che il marito non si sarebbe mai sognato. ‘Federico da grande’ stenta a trovare un collocamento esatto nel mondo e pensa che probabilmente anche ‘Federico da bambino’ non avesse idee più chiare. Quando ‘Federico da grande’ guarda ‘Federico da bambino’ nella immagine del profilo della sua pagina Facebook – alla guida di una macchinina di plastica gialla, con casco ed occhiali da velocità – gli pare di riscontrare una sfumatura interrogativa negli occhi, come dicesse “Si ma ora ‘ndo vado? Piove pure!”

federico.jpeg: Opera di Antonio Biancalani, Titolo: Federico, tecnica: olio su tavola, 120x150 cm, 1979
Opera di Antonio Biancalani, Titolo: Federico, tecnica: olio su tavola, 120×150 cm, 1979

Ci sono stati incontri importanti, in grado di influenzare positivamente il tuo percorso artistico?

 Mio padre è un pittore e pertanto pennelli, colori e odori di olio di lino hanno influenzato il mio orizzonte sensoriale sin da bambino. Lo studio di mio padre era una stanza al primo piano. Il pavimento in cotto, poggiato su travi e travicelli di legno, era elastico. Camminandoci oscillava come un delicato terremoto sussultorio. Appoggiato su una sedia e con le ginocchia per terra disegnavo divertito da quella oscillazione. Tutto ciò credo sia una influenza talmente radicale da non sapere come descriverla se non sottoforma di ricordi sensoriali. Al liceo artistico gli impiantiti erano piuttosto stabili, ma per fortuna c’era Rosetta Di Ruggiero – insegnate di plastica, bravissima restauratrice e persona dalla vitalità sismatica. L’irruenza sismatica di Rosetta era ben più scioccante del pavimento di mio padre, aveva il pregio di allargare gli orizzonti e di sgretolare quelle costruzioni effimire e seriose – tanto care al giovane artista – incoraggiandoti a costruzioni ariose da porre al cimento dell’ironia e della sperimentazione. Recentemente ho fatto l’allegra conoscenza di Michele Sinisi, valoroso regista e attore. Per quanto diversi per temperamento ci troviamo a spartire la stessa passione per la vivacità dei terremoti, per il piacere di perturbare le convenzioni ed appendere alla porta del teatro il cartello:

‘Work-in-progress’

‘Vietato l’accesso agli addetti ai lavori’

 Osservando le tue creazioni emerge una costante, incontenibile ricerca di nuove forme espressive: cosa riesce a orientarti ?

 In verità mi trovo spesso disorientato, e in verità ho un pessimo senso dell’orientamento anche per le strade, talmente pessimo da sfiorare la patologia. All’inizio mi si presentano molte possibilità, tante strade possibili, e quello che mi è più chiaro è ciò che non voglio. Poi comincia a precisarsi quello che voglio e comincio ad intuire  qualcosa che sottende e muove le possibilità singole, come se la struttura topografica delle strade si facesse più chiara, allora seguendo quel qualcosa riesco ad orientarmi. Credo esista una differenza tra la pensata e l’idea. La pensata è qualcosa che finisce lì, l’idea è una dinamica di più ampia che richiede sintesi e che va trovata nell’immanenza della prassi, dei materiali e degli strumenti. Finche non intuisco qualcosa che si avvicini ad un’idea continuo a pesticciare per i vicoli piuttosto nervosamente.

 È possibile rintracciare una specifica tonalità, un tema ricorrente in tutto quello che crei?

 Su un piano formale e tecnico se dovessi individuare due qualità ricorrenti direi leggerezza e trasparenza. Se ciò che ho detto riguardo all’immanenza non è solo una speculazione ma qualcosa che appartiene a quello che faccio, queste due qualità dovrebbero significare qualcosa anche ad un livello più ampio, ma onestamente non so cosa.

- stultifera_navis.jpg: Opera di Federico Biancalani, Titolo: Stultifera Navis, Tecnica: rete in acciaio armonico e ferro, dimensioni variabili, 2013
Opera di Federico Biancalani, Titolo: Stultifera Navis, Tecnica: rete in acciaio armonico e ferro, dimensioni variabili, 2013

Il tuo recente lavoro come scenografo di “Miseria e Nobiltà”, per la regia di Michele Sinisi, ha riscontrato un grande consenso di pubblico e di critica. Vuoi parlarci di questa esperienza?

Lo spettacolo ancor prima di ricevere un grande consenso di pubblico e critica ha ricevuto il grandissimo consenso di chi ci ha lavorato. Più che ad uno spettacolo abbiamo pensato a questo progetto come ad una festa su miseria e nobiltà. A tal fine tutti – i dieci meraviglosi istrioni, il drammaturgo Francesco Asselta, gli aiuti regista, i tecnici, la produzione, i laboratorianti – tutti hanno contribuito meravigliosamente a mantenere questa fucina ad un regime di fuoco scoppiettante se non divampante. Purtroppo l’arte viene frequentata sempre più dai soli addetti ai lavori e gli ambienti artistici stanno diventando circuiti sempre più chiusi e seriosi. La festa è una dimensione che abbiamo cercato per ritrovare l’aspetto ludico del teatro, per  tentare di rompere la chiusura dei circuiti artistici e riconquistare l’originaria funzione di rito collettivo. Ricordiamoci che anticamente il teatro era solo una parte di ritualità ben più ampie come le dionisie greche, i ludi latini, le sacre rappresentazioni etc.

Abbiamo dunque cercato un respiro ampio, abbiamo attivato laboratori attoriali e scenografici, lavorando sul palco con prove costantemente aperte al pubblico; dal punto di vista della messa in scena abbiamo giocato con i momenti memorabili del testo, concentrandoci su quelle scene ormai divenute parte dell’immaginario comune. Il progetto si è alimentato di questa energia collettiva.

Finite le prove succedeva spesso di trovarsi in qualche posto e di continuare a lavorare a suon di danze e Moscov Mule. Lavoravamo circa 12 ore al giorno, la pausa pranzo era spesso breve e frugale ed a fine prove, affamatissimi, saccheggiavamo i buffet degli Happy Hour milanesi come fossimo veramente i poveri di Miseria&Nobiltà quando arrivano a casa del cuoco arricchito. Un metodo Stanislawsky riportato alla concretezza fisiologica dei succhi gastrici!

- IMG_2222.jpeg: Miseria&Nobiltà, foto di scena
Miseria&Nobiltà, foto di scena

 

Nel tuo lavoro ti occupi spesso di infanzia, ragazzi, educazione. Quali obiettivi ti prefiggi di raggiungere in questi casi?

Durante il fermento chiassoso di un laboratorio sull’argilla con un gruppo di quattro anni, un bambino viene da me e mi mostra un piccolo ovulo d’argilla dicendo “Guarda, ho fatto un sasso!”. Senza dubbio il manufatto, nella sua semplicità, coglieva il soggetto con una compiutezza formale degna del miglior Canova. Dopo dieci minuti torna da me mostrandomi lo stesso manufatto e dice “Guarda, ho fatto un pinolo!”. Ignoro se in quei dieci minuti il pargolo abbia fatto e disfatto quaranta volte l’ovuletto, o se invece non l’abbia neanche toccato, sta di fatto che sono rimasto folgorato da ciò che mi aveva mostrato. L’approccio infantile a quelle attività che noi adulti chiamiamo artistiche mi ha spesso aperto delle prospettive che sono dei veri baratri.

Nei miei laboratori probabilmente cerco uno scambio, non credo di volere e potere insegnare qualcosa. Quello che tento di fare è ciò che fa un bravo vinificatore: l’uva fermenta da sola e il vinificatore  la sorveglia, pulisce i tubi e rimuove le fecce quando è il momento. Credo che l’infanzia disponga di lieviti freschi capaci di fermentazioni estetiche sorprendenti e che tali fermentazioni vadano assecondate per quello che sono. Bisogna dimenticarsi soprattutto del nostro concetto adulto di arte, anzi il nostro concetto di arte è proprio quella feccia che va rimossa perché non ‘adulteri’ il vino. In altre parole il processo va curato senza pretendere il risultato. Ogni stagione, ogni uva darà un vino irripetibile, ma oggidì gli enologi vanno per le cantine con le mazzette colore e stabiliscono a priori come dovrà essere il vino. C’è troppa attenzione sull’infanzia, mi piace pensare potergli regalare dei momenti di disattenzione, una botte vuota in cui possa fermentare il vino dell’imprevisto.

Occhi_chiusi3.jpg: "Disegna quello che vedi a occhi chiusi", laboratorio per prima elementare, tecnica: carboncino su cartoncino nero
“Disegna quello che vedi a occhi chiusi”, laboratorio per prima elementare, tecnica: carboncino su cartoncino nero

 

Occhi_chiusi3.jpg: "Disegna quello che vedi a occhi chiusi", laboratorio per prima elementare, tecnica: carboncino su cartoncino nero
“Disegna quello che vedi a occhi chiusi”, laboratorio per prima elementare, tecnica: carboncino su cartoncino nero
Occhi_chiusi2.jpg: "Disegna quello che vedi a occhi chiusi", laboratorio per prima elementare, tecnica: carboncino su cartoncino nero
“Disegna quello che vedi a occhi chiusi”, laboratorio per prima elementare, tecnica: carboncino su cartoncino nero
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