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Film, fumetti e molto altro: Intervista a CARLA PAMPALUNA

Carla Pampaluna è un’artista molto originale che ama esprimersi attraverso vari canali come la fotografia e il video in primis ma anche attraverso fumetti e disegno.

Lombarda di nascita ma ormai da tempo toscana, si forma principalmente all’Accademia di Brera poi all’Università di Pavia per continuare con molti altri corsi in ambito cinematografico.  Il risultato è una personalità artistica sui generis che sembra stare stretta dietro alla macchina fotografica o alla telecamera cercando  altre vie per lasciare uscire messaggi urgenti e emozioni traboccanti.

Impegni in ambito sociale l’hanno portata a partecipare a festival internazionali riguardanti l’arte e la disabilitàAltri lavori importanti riguardano la formazione della prima infanzia e il tema dell’ecologia. Le tematiche relative all’identità di genere e all’istanza femminista sono anch’esse nodali nel suo lavoro.

Personale, (2020)
“Personale” (2020)

Oggi Carla, nelle sue risposte, lascia trasparire molte delle motivazioni profonde che alimentano il suo progetto artistico che ripercorre con noi dall’infanzia ad oggi.

In queste pagine del suo sito personale si può godere di un piccolo assaggio su questa personalità artistica, poliedrica e socialmente impegnata.

Un fotogramma dal videoclip "Jacopo" (2013)
Un fotogramma dal videoclip “Jacopo” (2013)

Chiara:  come si è  sviluppato il tuo talento nel tempo?

Carla: nella mia famiglia tra strumenti per disegnare, macchine fotografiche, libri, riviste d’arte e di fumetti e cineprese 8mm ho avuto fin da appena nata tutti gli stimoli possibili.

Sono stata sempre incentivata a seguire le mie inclinazioni.

Non mi sembra però di aver mai manifestato un vero talento per il disegno, anche se ho fatto poi un percorso di studi artistici.

Il vero talento, la passione, l’ho compreso intorno agli 11 anni vedendo, per caso, la prima trilogia western di Sergio Leone. Fu una vera folgorazione. Ricordo di aver pensato che quello era il sunto perfetto delle cose che mi piacevano ma che da sole sentivo non essere complete: il segno, la scrittura e la musica.

Scrissi subito le prime sceneggiature, con un istinto anche per la forma tecnica che ancora adesso mi stupisce.

Da quel momento l’immagine filmata, il racconto attraverso l’immagine, sono il mio percorso.

E anche se un po’ l’indole, un po’ le vicissitudini del vivere mi hanno rallentato, distratto, non ho mai smesso di seguire questa strada; e ormai da quasi vent’anni è il mio lavoro.

Tutto il resto nasce da questa passione: la fotografia e il fumetto ne sono una diretta conseguenza, anche se per il fumetto ho aspettato fino a quest’anno per riprendere le fila che avevo abbandonato da bambina.

Chiara: che tipo di bambina eri riguardo alle diverse forme d’arte?

Carla: molto curiosa. Sono sempre stata un’osservatrice silenziosa, lo sono anche adesso, e ho sempre voluto sperimentare tutto quello che vedevo fare intorno a me. La fiducia che mi veniva data nel permettermi di fare le cose che volevo senza paura di venire rimproverata nemmeno nello sbaglio, ha creato in me un forte senso di importanza in ogni cosa che facevo. Per tanto tempo questo è stato anche un freno. Un senso di autocontrollo eccessivo nella ricerca di risultati soddisfacenti, che però non superavano mai il mio severo giudizio.

Ci è voluto molto tempo per allentare questa morsa.

Roma. 2018
“Roma” (2018)

Chiara: quali attività pensi che possano aiutare maggiormente i bambini a esprimersi creativamente?

Carla: qualunque! Lo scorso anno ho girato un documentario in una sorta di asilo nel bosco, nel nord Italia, dove ho visto bambini entusiasti nel battere chiodi con il martello nelle assi di legno. E poi da lì passano a cercare un altro pezzo per poi comporlo con il primo, hanno intorno gli strumenti per incollare, tagliare, colorare e creano senza pregiudizio seguendo quello che hanno in testa. Basta lasciarli fare, senza intervenire.

E aggiungerei che è proprio facendo, costruendo senza condizioni esterne, “adulte”, che si può diventare grandi senza perdere la gioia delle cose da fare, del gioco anche nella costruzione “seria”.

Da adolescente mi ripetevo spesso che dovevo stare attenta a crescere senza diventare rassegnata, come mi sembrava fossero molti degli adulti che avevo intorno. Quell’idea mi ha accompagnata sempre, la sento ancora come necessaria. La creatività dei bambini è la stessa creatività dell’adulto che non si è dimenticato di essere prima di tutto un bambino che guarda per la prima volta le cose, che per la prima volta le prova.

Ancora adesso (ormai quasi cinquantenne!), non resisto alla tentazione di ritagliare e colorare i rotoli interni della carta igienica creando dei personaggi che vanno ad ingrandire la schiera che mi porto dietro da quando ero ragazzina! Lo faccio con la stessa idea di gioco che mi ha guidato nel realizzare i primi modelli. Questo non vuol dire che non ci debba essere uno studio, una scelta, una ricerca. Ma che questa parte razionale deriva da un istinto proprio che non va dimenticato.

"Sentieri" a Zambra, Pi (2013)
“Sentieri” a Zambra, Pi (2013)

Chiara: come sei arrivata al fumetto?

Carla: a parte il percorso naturale per chi come me vive del racconto per immagini, e il fatto che leggo tanti fumetti perché mi piacciono (ci sono stati e ci sono autori straordinari, veri artisti, che raccontano storie utilizzando il fumetto), avevo in realtà abbandonato le poche tavole fatte da ragazzina. Nell’ultimo anno, complice anche la pandemia e le sue limitazioni, mi sono ritrovata ad aver voglia di ricominciare a prendere in mano la matita.

Finora il disegno era stato relegato allo strettamente personale, intimo (ho cartelle piene di autoritratti, storyboard per film mai girati…), ma c’erano storie che avevo voglia di raccontare e che mi sembrava non fossero adatte alla grammatica del cortometraggio. E poi in casa c’è il mio compagno che disegna benissimo e capita che collaboriamo (abbiamo firmato insieme la regia di due cortometraggi). Abbiamo scritto una prima storia insieme, e avrebbe dovuto disegnarla lui, ma siccome tergiversava ho deciso di buttarmi e da lì non sono più riuscita a fermarmi… anche se lo utilizzo più come una scusa per il racconto, piuttosto che per il disegno in se, che rimane sempre un po’ subordinato alla trama e in cui manca ancora una ricerca strutturata.

Pagina iniziale fumetto "La vita misera"
Pagina iniziale fumetto “La vita misera” (2020)

Chiara: il tema del femminile è ricorrente nel tuo lavoro

Carla: sono stata cresciuta in un ambiente in cui non c’erano differenze tra maschio o femmina. Almeno non espressamente dette. Nessuno in casa si è mai sognato di dirmi che non potevo fare una cosa perché ero una bambina o una bambina femmina.

Però poi esci in cortile a giocare e il gruppo dei maschi non ti vuole nelle gare in bicicletta mentre a scuola le bambine giocano con le pentoline e vengono spesso condizionate a seguire certi modelli. Ho sempre fatto una gran fatica a capire certi meccanismi. E mi sono sempre opposta ad accettarli.

Bocca d'Arno (2010)
Bocca d’Arno (2010)

E’ ovvio che poi ti fai delle domande, rifletti. Per me è un punto nodale, insieme a quello della memoria di sé e del proprio percorso.

Essere donna è una caratteristica che mi qualifica ma prima di tutto sono un essere umano. Mi sembra molto più sano rapportarsi agli altri in questi termini, prima di altri. Anche perché le cose che sono importanti per ogni individuo sono diverse.

Se la società che abbiamo intorno non ci imponesse degli stereotipi quale sarebbe l’importanza, rispetto al proprio fare, alle proprie aspirazioni, dell’essere donna o uomo?

Teastro di Bartolo, Buti, 2012
Teatro di Bartolo, Buti, Pi (2012)

Chiara: credi che ci siano più difficoltà  rispetto al passato nell’essere donna?

Carla: i problemi e le difficoltà per una donna nata anche solo un secolo fa erano certamente più materiali; trappole e strade segnate da cui uscire era difficile e doloroso.

Indubbiamente  oggi, inteso come ventunesimo secolo e in questa parte di mondo, è possibile essere donne più libere e più indipendenti; ed è possibile esserlo senza che questo diventi un problema. Ciò è possibile perché ci sono state delle lotte forti, delle prese di posizione, perché ci sono stati degli scontri e delle vittime. Che hanno portato a cambi di costume essenziali.

I condizionamenti e i pregiudizi con cui ancora cresciamo, donne e uomini, ci obbligano ad occuparci di quello che, invece, è in effetti ancora un problema: è ancora difficile essere donna, anche in questa epoca, anche in questa parte di mondo. E ci si ritrova a sprecare un sacco di tempo a combattere stereotipi e violenze. Nel senso che quel tempo sarebbe bello poterlo usare per fare altro.

Fotogrammo cortome
Un fotogramma dal cortometraggio “Sassi nel mare” (2003)

Chiara: i traguardi della tecnologia aiutano certe forme d’arte come la fotografia o i video?

Carla: dipende dal tipo di percorso che si è scelto.

Per me sono stati fondamentali. Anche se indubbiamente mi ha fatto un gran bene crescere con il rigore che imponeva la pellicola nella fotografia per esempio, senza la possibilità di lavorare in modo professionale con i mezzi digitali oggi sarei ancora molto indietro. Sarei in balia della mia pigrizia e della mia timidezza. E non avrei assolutamente i mezzi economici per fare quello che faccio.

Un fotogramma dal cortometraggio guerriglia (2019)
Un fotogramma dal cortometraggio “Guerriglia” (2019)

Chiara: quali sono i tuoi progetti futuri?

Carla: ho scritto la sceneggiatura di un cortometraggio che non vedo l’ora di girare, disastri mondiali permettendo…!

E poi ovviamente ho ancora alcune storie a fumetti in programma. Mi sto spostando sul fronte dei sogni, altro tema che mi accompagna da sempre.

Sono impaziente anche di poter ricominciare a fare fotografie in mezzo alla gente. I paesaggi dalle finestre di casa sono bellissimi ma credo di averne abbastanza per ora!

Immagine di Simone Buono
Carla Pampaluna  (immagine di Simone Buono)

 

Pitture emergenti: ALESSIO DOVERI

Alessio Doveri, giovane artista emergente,  si muove tra varie forme espressive (soprattutto pittura e fotografia).

Intreccia il suo percorso di ricerca artistica con esperienze di vita orientate intenzionalmente alla scoperta di sé e della dimensione più misteriosa dell’esistenza.

Ammesso che nella nostra vita ci sia qualcosa che non è misterioso.

Mi accoglie nel borgo di Lari, in un vecchio lavatoio, adibito a laboratorio ai piedi del castello medioevale del borghetto pisano. Nelle sue parole possono riconoscersi molti artisti emergenti perché raccontano del percorso sempre in fieri verso una propria identità artistica fatta di ricerca costante in sé e fuori di sé.

Quello che si fa è prima di tutto un’esigenza espressiva personale ma c’è bisogno che venga legittimato, riconosciuto dall’esterno perché è quell’immagine di noi che l’altro ci rimanda a arricchire, sfumare, modificare l’idea instabile e perciò libera, della forma di noi stessi. L’uomo è libero perché sempre in rapporto alla possibilità che si configura come scelta. 

L’arte è anche soprattutto libertà di creare nuove possibilità oltre il già dato sia per chi la realizza che per chi ne fruisce.

Nelle opere di Alessio le forme e i colori emergono da uno spazio – tempo dilatato, a tratti galattico,  in una dimensione non-logica che lascia a chi guarda la possibilità di stare con il non-ancora o riconoscere invece significati che prendono forma dal rapporto tra l’interiorità di chi osserva e l’opera.

Per saperne di più sul lavoro di Alessio Doveri e sulle sue svariate attività vi invito a visitare le sue interessanti pagine: www.alessiodoveri.it

http://www.alessiodoveri.it/

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Parlaci della tua pittura, come lavori da un punto di vista “tecnico”

Alessio: la mia pittura prende spunto dalla tecnica chiamata “Dripping”, impiegata da artisti  come Ernst e Pollock, che consiste nel far gocciolare la vernice direttamente sulla tela distesa a terra, lasciando un certo margine al caso. Questo è stato solo l’inizio, perché nel tempo ho modificato il risultato avvalendomi di attrezzi utilizzati nell’edilizia (spatole, cazzuola e frattazzo, ecc).

Il mio lavoro è prettamente istintivo. Utilizzo principalmente vernice acrilica su pannelli di polistirene estruso: questo mi permette di incidere il materiale senza che esso si spezzi. Nell’ultimo anno ho aggiunto le garze, per rendere la superficie imperfetta fin da subito.

Nel tempo mi sono spesso ispirato al percorso artistico di Kandinsky e alla sua ricerca delle linee, delle forme e del colore; questi temi si ripetono nella mia arte e nelle mie fotografie.

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Puoi dirci qualcosa in particolare sulle tematiche che rappresenti nei tuoi lavori?

Alessio: i miei lavori affrontano l’essenza delle emozioni. Se si va oltre la logica si può iniziare a avvicinarsi al nostro inconscio e da lì entrare in contatto anche con sentimenti che possono infastidirci o sorprenderci in positivo.  Le tematiche più significative per me sono il rapporto tra uomo/natura e l’amore tra essi, la speranza di un equilibrio che forse non arriverà mai a causa dell’avidità del potere umano.

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DREAMTIME-d06

 

Quali sono state le esperienze di vita che ti hanno maggiormente influenzato in questo sviluppo creativo?

Alessio: molti anni fa ho avuto modo di percorrere il Cammino di Santiago. Questo è stato un importante passaggio nella mia vita, dal quale ho imparato molto e lì ho capito che il caso non esiste. Oggi viaggio spesso da solo, aperto ad accogliere e dare, questo mi permette di stabilire degli scambi energetici con sconosciuti che saranno poi fonte d’ispirazione per mia arte.

STARLAND-S03
STARLAND-S03

Quale riscontro ricevi da parte del “pubblico”?

Alessio: ogni volta che faccio un’esposizione personale mi accorgo che è un’esperienza unica e gratificante. Sono affascinato dal rapporto che si crea tra spettatore e opera quando si instaura un contatto, un feeling che va oltre il fermarsi all’estetica del giudizio. Questo per me è un risultato importante, visto che stiamo attraversando un periodo storico particolare dove tutto corre e non abbiamo tempo per soffermarci sull’ascolto. Per questo motivo, spesso chiedo alle persone presenti di disporsi in cerchio e condividere le proprie emozioni.

STARLAND - S15
STARLAND – S15

In questo momento della tua vita cosa vorresti che le tue opere lasciassero a chi le osserva?

Alessio: il mio pensiero è rivolto alla speranza e questo è ciò che desidero trasmettere a chi osserva. Poi sento che l’arte è uno strumento e ognuno è libero di esprimere ciò che meglio crede e sente.

STARLAND - S04 - particolare
STARLAND – S04 – particolare

Hai mai pensato di trasferirti all’estero o credi che l’Italia sia un buon posto per crescere professionalmente come artista emergente?

Alessio: sinceramente ho difficoltà a dare una risposta certa, mi sento di dire che in Italia attualmente sono rari gli spazi di confronto e i punti di riferimento per una crescita artistica e culturale. Mi sembra che ci sia poco interesse nel vivere l’arte e più apparenza nel fare arte.

STARLAND
STARLAND

Che progetti hai per il futuro?

Alessio: il linguaggio espressivo di ogni artista è in continua evoluzione ed io mi trovo in un momento di passaggio importante nel quale sto analizzando il rapporto artista/spettatore. Credo che sia fondamentale ristabilire un collegamento diretto tra le due figure e il mio progetto consiste proprio in questo. Attraverso la ricerca dell’infanzia, recuperare e stimolare gli adulti ad andare oltre e far mettere loro da parte le sovrastrutture date dal tempo vissuto.

Studio
Studio

Per ragioni di spazio oggi ci siamo occupati solo della pittura ma tu realizzi anche molto altro…Vuoi parlarcene?

Alessio: voglio raccontarti velocemente il mio viaggio.

La passione per l’arte è sempre stata presente nella mia vita, ma era latente e con difficoltà emergeva.  Spesso mi divertito a scarabocchiare e mettere un po’ di colore in qua e là, ma dopo il Cammino di Santiago tutto è diventato vivido e acceso. Questo lo si può vedere, quando iniziai a realizzare le mie prime installazioni in legno e con i manichini. Mi sentii come un cappellaio magico che in continua evoluzione gioca con il proprio talento e sentimenti.

Questo fu solo l’inizio del mio viaggio di ricerca, con il passare degli anni sentii la necessità di sperimentare la creta, il découpage, le tecniche miste su legno, la scrittura creativa, le pitture astratte e per finire alla fotografia astratta e lo still-life.

Potrei dire che tutto questo è servito per conoscermi meglio e capire che gli strumenti acquisiti sono frutto della consapevolezza. Ci tengo a puntualizzare che l’identità di una persona, non è fatta dalla sola estetica ma soprattutto dai suoi contenuti intrinseci.Tutto questo è il mio modesto pensiero umano e artistico… Buona vita! Grazie

DREAMTIME - D06 -particolare
DREAMTIME – D06 -particolare