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Intervista: ROBERTO ROMAGNOLI “KIRTAN”

Chiara Gasperini: Cosa significa pazientare? Significa guardare la spina e vedere la rosa, guardare la notte e vedere l’alba… Alla luna nuova occorre tempo per diventare piena.”
Così scrive Elif Shafak ne Le quaranta porte, così ho pensato quando ho letto le intense e emozionanti pagine che ha voluto regalarci Roberto Kirtan Romagnoli.
Non perché la notte e le spine non siano accettabili, sono, anzi, necessarie, forse indispensabili, per consentire lo schiudersi del giorno o del fiore.
Artifex, è colui che fa, che realizza arte. Colui che attraverso il suo agire del corpo-mente unisce pensieri, idee e materiali che prima si trovavano in un determinato stato e li riorganizza, offrendoli al mondo trasformati, creando nuove armonie, creando ciò che non c’era, perchè nello stato in cui si trovava prima non era percepibile. L’artista entra in comunione così profonda con la realtà, sa amarla così tanto, da fondersi con essa e fluendo ai suoi ritmi accordandosi con l’esistente, sa trasformarlo, alchemicamente, in qualcosa di leggibile e assimilabile da altri. Porta alla luce messaggi impliciti, celati, svelandoli, aprendo alla amorosa magia dell’esistenza.

Roberto Kirtan Romagnoli, è un artista la cui attività spazia in più ambiti d’interesse.

Dopo la laurea in Lettere Moderne, inizia il suo percorso di studio in campo etno-musicale, con maestri di risonanza internazionale. Si contraddistingue come giullare-istrione e studia come attore comico mentre, parallelamente, si afferma come liutaio e costruttore di percussioni del medioevo o etniche. Si specializza anche nel metodo musicale indiano, compiendo in India, Himalaya e in Africa vari viaggi al fine, anche, di avvicinarsi al loro mondo musicale e approfondirne le maestrie.
Il gruppo da lui fondato alla fine degli anni ’90, “Musica Officinalis”, si dedica alla musica medioevale, etnica e popolare anche attraverso progetti indirizzati alle scuole, con seminari e laboratori. Sulla pagina dedicata, si legge: “L’Associazione Musica Officinalis si occupa di ricerca, composizione, esecuzione, produzione e promozione della musica antica e dei popoli, di indagine etnomusicologica e di pedagogia e terapia della musica”.
“Ulisse” o “Pitagora”, due, per citarne alcuni, tra i suoi numerosi spettacoli, con la regia di Loris Seghizzi di “Scenica Frammenti”, sono lavori molto adatti anche alla scuola, capaci di rendere vivi e attualissimi, argomenti spesso affrontati in classe in modi poco vicini alla sensibilità adolescente. Roberto Kirtan è quindi anche un pedagogista e insegnante di musica, oltre che attore e musicoterapeuta. E’ cofondatore della compagnia “Zorba officine creative” e numerosi sono i suoi lavori con il “Teatro Agricolo” di Livorno.
Il modo migliore di conoscere Roberto è quello di leggere le sue parole o di assistere ad uno dei  suoi spettacoli o ascoltare le sue svariate produzioni musicali. Esperienze che consiglio a chi non avesse ancora avuto questa grande fortuna e possibilità.
Lascio la parola a lui, ringraziandolo di cuore per aver accettato con gentilezza e passione il mio ardito invito.

Roberto Kirtan: Oggi che è il giorno della befana è un giorno di storie da raccontare!  Ed io è oggi che racconto la mia:

“Questa è la storia di un uomo che aveva un sogno. Sognava di suonare, suonare uno strumento, vivere la musica dalle sue mani.
Ma nel paese dove viveva nessuno gli credeva, e nessuno credeva che avesse le possibilità per farlo.
Così passò il tempo, passarono gli anni e quel sogno scivolò in un cassetto dove rimase in segreto nascosto per lungo tempo.
Finchè un giorno il cassetto si aprì ed il sogno se ne uscì volando via nel vento.
L’uomo si fece triste, ora non c’era più neppure il sogno nel cassetto. Il tempo continuò il suo cammino e così fece anche quell’uomo e a poco a poco si dimenticò del suo sogno.
Ma un giorno, un giorno come un altro, accadde qualcosa di incredibile.
Un amicò lo pregò di andare insieme a lui da un maestro musicista, per provare il ritmo della vita, il battito del cuore e la forza di quel suono.
L’uomo era perplesso ma poco dopo varcata la soglia della stanza vide un altro uomo. Da lontano non si capiva chi ben fosse.
Chi era? E cosa suonava? Mano a mano che si avvicinò l’uomo vide e riconobbe se stesso suonare un tamburo.
Quell’uomo, quel giorno, capì che il sogno non era volato via dal cassetto ma era corso ad avvertire la vita che mandasse gli uomini giusti, quelli capaci, quelli fiduciosi per far nascere un nuovo uomo ed un nuovo musicista.”
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Ecco la storia che racconta la mia storia. L’ho scritta per me e per tutti. La storia di un uomo che cerca quotidianamente di realizzare il sogno.
E tutto parte tanto, tanto tempo fa quando ero bambino.
Il mio rapporto con l’arte da bambino è stato normale, come tanti bambini: mi piaceva disegnare, suonare, cantare, ballare e colorare. Quello che è stato speciale sono state due cose:
una maestra elementare illuminata,
ed un grave incidente che mi ha portato l’amputazione parziale del pollice destro.
La maestra Vera Masoli aveva una passione smodata per fiori, piante ed animali.
Io sono cresciuto in un piccolo paesino della campagna faentina in provincia di Ravenna, eravamo contadini.
E lì i fiori non mancavano! Così per tutti i cinque anni delle elementari tutti i santi giorni c’era da cambiare l’acqua ai fiori, recidere le parti esauste, curare le piante che avevamo in classe, l’albero piccolo che era stato preso il primo giorno di scuola e che sarebbe cresciuto con noi fino alla fine del quinto anno. Poi lo avremmo piantato nel giardino della scuola a ricordo e segno del nostro passaggio.
Ma vogliamo parlare degli animali?
La Vera non disdegnava gli acquari, quindi noi pescavamo nel Naviglio persici, carpe giapponesi, salamandre, girini, cobiti, e tritoni.
Questi esseri erano meravigliosi nel suo essere brutti! I girini diventavano nelle settimane rane e cosi le salamandre mostravano assieme ai tritoni la trasformazione da piccoli in adulti.
Le prime due ore in classe passavano a sistemare lo zoo e la giungla che si creava dopo qualche mese.
Tutto era posto su un’altra cattedra appositamente richiesta dalla Vera!
I turni cambiavano. Noi conoscevamo lo scorrere delle stagioni dall’alternanza dei fiori, così come il trasformarsi della vita con gli animali. Tutti avevano nomi. Erano sotto la nostra diretta responsabilità.
Così la Vera ci insegnava ad accettare la morte quando a volte arrivava inaspettata sui nostri animaletti.
Disegnare direttamente la natura, creare e imitare le forme che la natura ci  offriva  più che insegnarci ad essere grandi artisti ci insegnava ad apprezzare la bellezza, l’armonia ed il mistero del mondo. I colori passavano dal vero al fantastico con la coscienza di chi ha potuto osservare. Le nostre mani diventavano esperte non solo della bellezza e del segreto dell’armonia nascosta nella natura, ma anche del fare, del realizzare, del creare. Mani da pittore, giardiniere, veterinario, fiorista, mani che facendo accrescevano la nostra intelligenza. Il lasciarci fare e realizzare questa avventura è stato il grande regalo di questa misteriosa maestra.
Così il mio spirito e la mia intelligenza nonchè il mio cuore furono per sempre connessi all’arte di scorgere nella natura l’armonia,
di cercarla nella mia vita ed intorno a me, di accordarmi in continuazione con la vita che si vive.
L’arte, ormai, aveva intaccato per sempre la mia anima, la mia persona, il mio cuore.
Forse un giorno sarebbe diventata una necessità, ma questo non si sapeva e non aveva nessuna importanza.
Un artista non è una persona speciale. E’ la sua natura, così vuole l’universo che possa esprimersi e riconoscersi, ma non riveste una importanza speciale. Tra lui ed un ingegnere o netturbino non passa differenza.
Tutti sono fondamentali.
Il secondo evento fondamentale per l’arte è stato l’incidente che ho subito a cinque anni e mezzo.
Nella falegnameria dei miei nonni, causa la mia disubbidienza, presunzione, e sfortuna mi amputai la prima falange del pollice destro in una pialla. 20.000 giri al minuto. un colpo netto.
Non ci fu nulla da fare. Il dito era perso per sempre, nel 69 una plastica, ricostruzione o protesi o trapianto non era minimamente pensabile. Così cominciò la mia avventura nel nuovo mondo: il mondo senza un ditino!
Ecco il miracolo: il chirurgo che mi operò era un angelo del signore e dopo l’operazione così disse:
-Questo bambino ora è nelle vostre mani. All’inizio farà fatica con tutto. Avrà sempre la sensazione di non farcela, di non poter essere indipendente in qualsiasi azione che contempli l’uso delle mani.
Ma voi dovrete essere spietati e lasciare che si arrangi finchè non riesce nel suo intento.
Alla fine se creerete un monco sarà solo stata vostra responsabilità.
Questo bambino dovrà poter credere di fare tutto, di essere normale, di vincere la realtà e realizzare così le sue idee ed i suoi desideri.
E così proprio in quella falegnameria che mi aveva distrutto ho costruito tutta la mia personalità creativa, la mia vena inventiva e le mie capacità di mettere in pratica idee.
Proprio lì con il legno ho dato vita ai sogni. La falegnameria era il ritrovo con i miei amici. Abbiamo costruito di tutto: archi, frecce, pistole, fucili, scudi e spade, costruivamo i ponti ed i lanci per la gimkana con le bici, truccavamo e colorevamo le bici, inchiodavamo, segavamo, incollavamo le idee.
Fare, fare e fare…..divertirsi, realizzare, giocare e continuare a sognare.
Quel luogo di disgrazia è stato poi il luogo più incredibile della mia vita.
Se penso ad oggi che nella mia carriera di artista sono anche liutaio e cioè costruisco strumenti, beh, grazie davvero.
Dico sempre un dito è stato nulla confronto tutto quello che mi ha dato il suo non averlo.
L’arte è legata all’azione. Michelangelo all’età di sette anni preparava già la scagliola per i fondi degli affreschi.
Bisogna stare in bottega.  Mi fanno sorridere gli artisti moderni che hanno le idee, ma poi per realizzarle non sono in grado!
Ah Ah, vogliono lavorare il ferro e non sanno fare, il legno e non sanno fare, il vetro e non sanno fare, ….. e non sanno fare…
Si d’accordo si può avere una idea ma è sempre la mano di un altro che la realizza.
Ma allora l’affinità con la materia? La sua conoscenza atomica? Insomma io ci sentirei lontananza….
Chiara Gasperini:  qualche consiglio…
Roberto Kirtan: Consiglierei ai bambini di vivere nella natura, con la natura, sia vegetale che animale. Vivere fuori, salire e cadere dagli alberi, costruire le capanne, fare palle di fango e poi seccarle…..
Dovrebbero essere educati alle proporzioni, alle forme , alla vita che le produce e cambia come vuole.
Consiglierei  ai bambini di non giocare solo con i video giochi, che oltre a rovinare loro la vista per sempre li rimbecilliscono.
Si la tecnologia come gioco ma non può sostituire la magia del mondo vivo.
Consiglierei ai bambini di stare all’aria fresca, di prendersi cura del mondo, di prendersi la responsabilità di essere nati, qui ed ora e dare una mano per evolvere il mondo umano.
Consiglierei ai bambini di non mangiare così male come mangiano e di non dormire così male come dormono.
Consiglierei ai bambini la meditazione, lo sport e la cura ed il lavacro del corpo.
Consiglierei ai bambini di essere amici degli elementi.
Per quanto riguarda il disegnare:
Si mi capita di disegnare! mi piace, fare i personaggi, le casette, le montagne, i fiori e le nuvole con stormi di uccelli neri nel vespero migrar! Disegno come bimbo, ma conserva spontaneità!
La matita, i pastelli Giotto, a cera, acquerelli…non mi piacciono molto i pennarelli!
Il disegno ammetto che è più raro nella mia quotidianità, ma non lo lascio.
Ascolto si, storie raccontate da altri. Mi piace moltissimo il racconto in sè. Mi piace seguire la trama, immaginarne l’evoluzione, vivere la vita del protagonista o dei personaggi attorno a lui.
Mi immedesimo, voglio che la storia vada in altre direzioni, mi diverto, a volte, a cappottare gli eventi.
Ma soprattutto, ogni cosa raccontata è una storia, anche i fatti di vita.
C’è gente che racconta la propria vita o quella altrui in maniere fantastiche, comiche, tragiche, esilaranti, intelligenti, piene di suspance…piene di come quella persona vede il mondo!
Racconto storie forse perchè ne ho sentite tante.
Forse perché la vita è un racconto e ogni racconto è un po’ come vivere, imprevedibile sino alla fine.
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E dopo sto papiro egizio mi pongo una domanda:
L’arte è una necessità per l’uomo?
La risposta per me è si! Non lo ha costretto nessuno fin dalla notte dei tempi, ha cominciato a farlo da solo.
Sotto le stelle, attorno ad un fuoco l’uomo a cominciato a dare forma a ciò che forma non ha, cioè i suoi pensieri, le sue idee, le sue paure , le sue certezze, insomma tutto ciò che è “dentro” e non visibile agli occhi.
Perché come diceva il piccolo Principe.”L’essenziale è invisibile agli occhi”.
Ma l’uomo ha sempre voluto vedere se stesso e conoscersi e così l’arte è la via.
Una via meravigliosa, fatta di mille peripezie, insidie, avventure, pericoli, scelte e conseguenze.
L’arte dà anche la possibilità agli uomini di toccarsi  dove tocco non c’è. Si toccano l’anima, si parlano da anima ad anima.
Impossibile con qualsiasi altro linguaggio.
Quindi penso che fare arte non è direttamente connesso con chi di questa arte, qualsiasi sia, ne ha fatto il proprio lavoro, ma piuttosto il fare arte è affare umano, e di quegli umani che hanno dentro il continuo desiderio di creare per omaggiare la creazione stessa che incessante crea infinite forme finite. La passione ne è un segno evidente.
Ecco questo e tanto altro potremmo dire, ma al contempo non c’è più molto da dire se non che suonare, ballare, dipingere, scolpire, raccontare una storia….
….e fare un bel cesto natalizio, preparare una bellissima tavola, ed infine una stupenda pietanza. Per fare questo ci vuole arte.
L’arte di vivere…il succo è quello, l’averlo frequentato aiuta a viverlo nella quotidianità…perchè sei più nella vita di tutti i giorni che sul palcoscenico! Quindi impara a fare un piatto di linguine allo scoglio da urlo e sapere quale meraviglioso vino potresti abbinarci!
IAGO-Collinarea-2012
IAGO-Collinarea-2012