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Intervista: MAURO TIBERI “filosofia della musica”

Di cosa avete letto questa estate?

Quali autori hanno accompagnato le vostre benedette, calde ore di sole?Per quanto mi riguarda, il tema dominante è stato la musica e in particolare, il canto. Da lì a ricordare la mia tesi di laurea, dedicata proprio alla voce, il passo è stato breve, anche se quel lavoro risaliva a ben dieci anni fa. Tesi che riguardava la voce e le sue potenzialità espressive.

Il nostro parlare è un atto creativo simile a quello che compie un musicista, parlando o cantando stiamo suonando uno strumento naturale e umano che è unione di corpo e psiche: soggetto che suona e strumento suonato si identificano. Nella voce, unica come ognuno di noi,  si trova ciò che siamo, dalle eredità genetiche alle successive esperienze che hanno caratterizzato la nostra vita.

Si tratta di un messaggio sonoro carico di significati.

In realtà tutto ciò che ci circonda è carico di significati, per chi lo sa ascoltare: il vento e il suo modo di sfiorare le foglie, lo scricchiolìo di una corteccia, l’acqua che massaggia uno scoglio. Tutto racconta. Possiamo connetterci alla dimensione sonora dell’esistenza. Una poesia del poeta Gibran, dai forti legami con il misticismo sufi e divenuta poi canzone interpretata da Fairuz, recita più o meno così:

“Passami il nay e canta perché il canto è il segreto dell’universo e la musica resterà oltre la fine dei tempi”.

E così, a tutti è dato di poter giocare con la voce, comunicando idee, immagini, emozioni, attraverso forme espressive altre, non convenzionali, sul piano fisico, psichico e spirituale.

“Tutto scorre” e anche la voce si modifica in base alle esperienze che viviamo.

Non è mai solo un mezzo informativo dal punto di vista linguistico. E’ comunicazione in senso lato, su più livelli, come la Scuola di Palo Alto insegna ma soprattutto come il nostro “istinto” sa riconoscere. Anche di questo si occupa l’artista che sono molto felice di presentarvi in questa nuova intervista. Per esperienza, posso dire che il lavoro con lui è in grado di schiudere inedite prospettive su se stessi e sull’altro, dove la creatività regna sovrana. Un lavoro profondo, in grado di riconnettere chi lo fa a energie naturali forti e ancestrali. Mauro Tiberi,  è polistrumentista, ricercatore vocale, musicista. Le sua formazione spazia dal canto difonico alla vocalità sacra orientale interessandosi anche di canto indiano negli stili dhrupad, kyal e qawwali  e canto indoeuropeo. Mauro ha fuso le conoscenze provenienti da varie tradizioni artistiche e percorre l’Italia e non solo, per esibirsi come musicista e lavorare con guppi di persone interessate alla sperimentazione di nuove forme espressive.

Da molti anni ha creato e conduce la rassegna “I Canti Misterici” nella basilica di San  Giorgo al Velabro a Roma. http://www.maurotiberi.comphoto.php

 

Da bambino eri già interessato alla musica?

Da bambino mi divertivo a suonare un pianoforte giocattolo Bontempi, poi dopo una chitarrafinta, sempre  Bontempi, su cui componevo canzoni in inglese inventato … (i danni della colonizzazione culturale americana nei primi anni 70). 

Invece, importante segno per il mio futuro, cantavo molto dalla finestra e così mia madre conosceva tantissime signore, inventavo canzoni con le parole … chissà quante cose diciamo, “fantasiose” avrò inventato… però avevano un risultato, vedere  questo bambino di circa 5 anni che cantava dalla finestra aveva destato molto in positivo l’attenzione del vicinato … poi, in seguito, le canzoni, in generale, non le ho mai più particolarmente apprezzate, ho sempre avuto più interesse per la musica strumentale e per un uso strumentale della voce. Tutto questo per dire, si, da bambino ero molto interessato alla musica. 

Quali incontri hanno pesato di più sul tuo percorso artistico?

Sempre da bambino, un incontro importante è stata l’India. 

Nei primi anni 70 mia madre lavorava come commessa in un negozio di oggetti e  stoffe provenienti dall’India e io ho passato tanti pomeriggi a cercare di suonare sitar, tampoure e altri strumenti sconosciuti,  anche mezzi rotti che giungevano  nel negozio. In seguito, quando nella mia vita dopo vari studi e lavori la musica è diventata la mia professione, molto significativi sono stati gli incontri con Michiko Hirayama una ormai molto vecchia grande cantante giapponese e tantissimi altri musicisti. Ma oltre le persone e i professionisti in genere, la cultura di una nazione ha dato l’impulso più importante alla mia visione della musica, al cercare di recuperare la funzione sociale e spirituale di quest’arte che oltre l’ascolto dell’aspetto estetico dei suoni  contiene tantissime altre cose utili alla salute, all’educazione e ad ampliare la visione delle cose. 

Determinante è stato un viaggio di lavoro in Iran che mi ha fatto vivere la funzione sociale delmusicista e, tornato in Italia da quel momento in poi ho  cercato di vivere così la musica. 

Non cercando la “popolarità” per essere chiari quando si  parla di sociale, ma di portare nella società i benefici  educativi che quest’arte riesce a dare  nella crescita spirituale, sociale, etica e fisica  dell’essere umano.

 

Mauro a Mecenate

Il tuo lavoro mira a creare armonia nella persona e di riflesso nella società. Questa finalità nel lavoro con il suono è tipica di molte culture, penso a quella della Mongolia, alla tradizione sufi, ma anche a quella della Grecia antica con i riti misterici e molte altre. Ti ispiri a qualche tradizione culturale, in particolare?

Si. Un pochino prendo da tutte queste culture  che hai citato nella domanda, però non sono mai riuscito ad aderire totalmente ad una di queste importanti filosofie. Credo di essere, sotto certi punti di vista, un sufi eclettico e sincretico allo stesso tempo.  Il mio obiettivo è quello di portare armonia, pace e gioia e la capacità di vivere l’amore nel senso più grande del termine… ci provo, non sempre ci riesco, però e per questo che mi sento un po’ un sufi.  

Ci sarebbe molto da aggiungere slegando il sufismo dalla religione … però si allargherebbe  troppo il discorso.  

La natura con i suoi infiniti suoni di vento, acqua, piante, animali, ha insegnato all’uomo la musica e gli ha dato l’ispirazione per creare a sua volta. Oggi molti bambini vivono in universi sonori poveri, le città, dove prevalgono suoni artificiali, auto, clacson, rumori di vario tipo. 

Questo è un problema reale che è molto più esteso della questione del suono, ma è legato alla disumanizzazione della vita, alla perdita dei rapporti con la natura e  con la natura umana …

Chi sono, oggi, coloro che si rivolgono a te per lavorare sulla voce e sul suono?

Molte persone che hanno voglia di conoscersi meglio attraverso la loro voce, persone che hanno timidezze o hanno capito di avere un grande potenziale esprimibile attraverso la voce vogliono conoscerlo meglio e svilupparlo ai fini del benessere e della comunicazione della loro essenza. Ho pochi professionisti, un 10% forse anche un po’ meno di professionisti intesi come cantanti, attori ecc, ma molti altri che sono professionisti della voce a loro insaputa …

Attraverso il lavoro sul suono è possibile sperimentare particolari stati non ordinari di coscienza?

Certamente. Questo è argomento di interesse di scienziati e c’è tantissima letteratura a  riguardo sui rapporti tra musica e trance  e in alcune esperienze è molto facile sperimentare stati non ordinari di coscienza attraverso il suono.

Daresti qualche idea per migliorare le ore di musica a scuola?

Fare laboratori di musica d’insieme destinati a chi non sa suonare e cantare e che forse non lo farà mai nella vita, mescolando a questi anche chi sa già suonare. Il risultato non sarà grande musica, ma una grande esperienza umana, poi una volta compreso dagli studenti cosa è realmente la musica, si potrà parlare di Bach e Beethoven e non saranno più, per la maggioranza degli studenti, la sorpassata espressione di una cultura  borghese …

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Intervista: IGNAZIO FRESU “L’essere è divenire”

Intervista a Ignazio Fresu: “L’essere è divenire”

 

Il sabato del villaggio Ignazio Fresu- Il Sabato del Villaggio

“Dunque da tutto ciò si deduce […] che nessuna cosa di per sé è una, ma sempre nasce rispetto ad un’altra; e che il verbo «essere» va soppresso dappertutto, benché noi molte volte e anche poco fa fummo costretti a servircene dall’abitudine e dalla mancanza di scienza. Invece, come dice il discorso dei sapienti, è necessario non concedere nulla, né di uno né di me, né questo né quello né qualsiasi altro nome che stia fermo, ma è necessario dire secondo natura che le cose nascono, vengono fatte, muoiono, si alterano; perché quando uno con il discorso mette qualcosa ferma, facendo questo può essere facilmente rimproverato”. (Platone, Teeteto, 155 a3 – 157 b8).

Questo passo ci introduce al tema del divenire e della conoscenza delle cose che divengono e che, perciò, trasformandosi, ci invitano a rivedere la nostra conoscenza su di esse che non può essere ferma, stabile, data, costituita una volta per tutte, ma necessita di divenire insieme alle cose stesse, di trasformarsi con loro.

La contraddizione  è solo apparente. Siamo immersi in uno stabile divenire e ne siamo parte, “in fieri” noi stessi. E’ l’unità del molteplice, affrontata da tutte le tradizioni filosofiche del mondo e tema caro alle riflessioni spirituali.

La nostra conoscenza delle cose è sottoposta all’inganno dei sensi, la realtà spesso non è quella che appare, lo si scopre avvicinandoci, sperimentando, provando. Di tutto ciò si occupa Ignazio Fresu nel suo donarci un invito alla scoperta, alla riflessione avventurosa sulla conoscenza delle cose.

Cenere IIgnazio Fresu-Cenere

Fresu, attraverso le sue opere, apre lo spettatore ad una realtà che sì, può anche essere ciò che appare, ma è anche un molto altro tutto da scoprire lungo un percorso che è possibile compiere semplicemente grazie alla vera osservazione, fatta non solo di sguardo dell’occhio ma anche di quello sguardo che il pensiero sa lanciare. La struttura delle opere di Fresu non vuole ingannare, non vuole essere “il genio maligno” di Cartesio ma un invito a sfogliare i vari strati dell’essere senza dualismo, senza opposizione per integrare e accogliere apparenza e sostanza. Non è la realtà ad ingannarci bensì il nostro sguardo superficiale.

Di Fresu,  Sara Paradisi su Wikipedia scrive:

“Le sue opere sono basate sul contrasto tra realtà ed apparenza, sull’inganno generato dallo sguardo frettoloso. Ogni cosa è esattamente l’opposto di ciò che appare e nessuno sembra accorgersene. Il metallo non è metallo, ma spesso cartone o polistirolo travestito da metallo. L’usura e l’ossidazione dei materiali sono soltanto un abile gioco di interventi manuali. La leggerezza è travestita da pesantezza. Gli equilibri precari sono calibrate composizioni statiche. L’acqua viene riprodotta attraverso materiali tecnologici come il plexiglas e il vetro. Giocare con i materiali e con il concetto di apparenza è uno dei modi di Ignazio Fresu per collegarsi alle tematiche del divenire, della trasformazione dell’uomo e delle cose operata dallo scorrere del tempo così come al concetto della bellezza precaria ed effimera”.

Il sabato del villaggio IIIgnazio Fresu-Il Sabato del Villaggio

Ignazio Fresu invita ad una osservazione fondata sul pensiero, sull’esperienza carnale dell’opera grazie all’interazione dello spettatore, e soprattutto sulla consapevolezza del divenire della vita.

Abbiamo chiesto a Fresu di aiutarci a riflettere sul mondo dell’infanzia nel suo rapporto con l’arte. Il mondo in cui viviamo può ingannare facendo apparire le cose solo per ciò che non sono.  Depista costantemente l’attenzione verso un altrove inafferrabile. Chimere che si spostano  nel momento in cui tentiamo di raggiungerle e in questo rincorrerle si riduce sempre di più la nostra capacità di cogliere il tempo presente con tutta la sua pienezza.

I bambini, gli adolescenti, tutti necessitiamo di rafforzare il nostro contatto con l’esserci e con la sostanza della realtà.

Cenere II Ignazio Fresu-Cenere

Prima di leggere il punto di vista che, gentilmente, l’artista ha voluto donarci, è utile rileggere questo scritto di Seneca, tratto da “Il tempo”.

“I giorni migliori fuggono, non c’è dubbio,
se ci si lascia travolgere da faccende
di ben poca importanza.
Così la vecchiaia sorprende gli uomini quando,
nello spirito, non sono ancora cresciuti,
e li coglie impreparati e inermi;
non l’avevano previsto infatti;
e ci si trovano dentro da un momento all’altro,
senza aspettarselo: non si rendevano conto
che la vecchiaia si avvicina un po’ tutti i giorni.
Succede anche in viaggio: chi si lascia distrarre
da una piacevole conversazione o dalla lettura di
un libro o da un pensiero inesistente
si accorge di essere già arrivato prima ancora di
rendersi conto che si sta avvicinando;
così pure questo viaggio della vita,
ininterrotto e veloce, che noi facciamo sempre
con lo stesso passo da svegli e nel sonno,
a chi è sempre affaccendato
si manifesta solo al suo termine”.

Cenere IIIIgnazio Fresu-Cenere

Per essere aggiornati sulle prossime installazioni e per approfondire la conoscenza di questo straordinario artista, le cui opere affrontano temi filosofici e spirituali di ampio respiro, rimandiamo al suo sito personale:

http://ignaziofresu.blogspot.it

http://ignaziofresu.blogspot.it/p/opere-works.html

https://www.facebook.com/profile.php?id=1111683482&fref=ts

https://www.facebook.com/pages/Ignazio-Fresu-visual-artist/51939967031

Cenere IVIgnazio Fresu-Cenere

 

Chiara: ho avuto la fortuna di conoscerti attraverso alcune delle tue installazioni. Come si è delineata in te la scelta di esprimerti in questo modo, anziché attraverso altre forme artistiche?

Ignazio: l’installazione come forma artistica si è prepotentemente imposta nel mio percorso artistico all’età di 18 anni durante il primo anno dell’Accademia. Maturai rapidamente la consapevolezza che le forme espressive basate sull’immagine bidimensionale come la pittura e la fotografia, così come anche quella tridimensionale della scultura, fossero insufficienti a  rendere l’idea della forma espressiva che intendevo realizzare.  Neppure la performance ed il video che proprio in quegli anni stava prendendo le mosse attraverso il videotape, seppure da me inizialmente utilizzate, non mi soddisfacevano in quanto implicano un tempo prestabilito e determinato, dal quale le altre forme d’arte visiva sono svincolate. Una sostanziale libertà di fruizione che solo l’arte visiva e l’architettura consentono. E’ proprio questa vicinanza tra arte visiva e architettura che mi hanno portato a scegliere l’installazione come forma d’arte preminente per approdare alla quarta dimensione dove lo spazio e il tempo sono sensorialmente tangibili e il fruitore interagisce con l’opera fino a diventarne parte.

Il sabato del villaggio III

Ignazio Fresu-Il Sabato del Villaggio

il sabato del villaggio IV

Ignazio Fresu-Il Sabato del Villaggio

Chiara: come vivevi la tua dimensione artistica quando eri  bambino e come la conciliavi con gli obblighi scolastici?

Ignazio: sin dalla primissima infanzia il mio gioco preferito consisteva nel ritagliare, incollare, disegnare e colorare. Questo era per me naturale anche se vedevo che i miei familiari si stupivano di questo mio comportamento che poi in età scolare mi distraeva moltissimo dagli impegni scolastici causando preoccupazione ai miei genitori. Il disegno che durante la scuola elementare accompagnava sempre tutti i compiti, occupava di gran lunga di più il mio interesse.

oggetti smarriti

Ignazio Fresu-Oggetti Smarriti

Chiara: hai mai fatto o pensato di fare un’opera dedicata ai bambini?

In tutti i miei  lavori ricerco una dimensione di fruizione più ampia possibile, sia da un punto di vista formale che dei contenuti. La prerogativa che considero più importate è quella di essere in grado di destare interesse sia nei bambini che negli adulti, sia nelle persone al di fuori dalle tematiche dell’arte, che in quelle più addentro. In questo senso tutte le mie opere sono dedicate anche ai bambini, alcune però destano in loro maggiore curiosità come ad esempio “Il sabato del villaggio” realizzata con i giocattoli, “Memento” con i banchi di scuola, “Cenere” con una moltitudine di oggetti e fotografie o “Nel pensier mi fingo” realizzata con scatole piene d’acqua.

Cenere VIgnazio Fresu-Cenere

Ultima CenaIgnazio Fresu-Ultima Cena

Chiara: quali sono stati gli artisti che hanno ispirato di più il tuo sviluppo personale?

Ignazio: sono stati gli artisti del movimento dell’Arte Povera. Mi sono formato attraverso le loro opere oltre che sulla Minimal Art e la Land Art. Ma mi sento profondamente legato a  tutta l’arte da quella preistorica, sino all’arte più contemporanea, quella di questi giorni. C’è un misterioso e invisibile filo conduttore che tiene insieme tutto.

Cenere VIIgnazio Fresu-Cenere

Chiara: come vedi il rapporto arte ed educazione pensando ai bambini di oggi?

Ignazio: grazie alle moderne didattiche, alle applicazioni pedagogiche ed in generale alla considerazione che si ha dei bambini oggi, questi godono di una libertà espressiva e formale che fino a qualche decennio fa era assolutamente inconcepibile. La messa al bando degli stereotipi: la casetta con il tetto rosso, l’albero con la palla verde, il sole con i raggi, eccetera  e le costrizioni formali, consentono un rapporto più diretto e immediato con l’arte che diventa già dai primi anni di vita un importante elemento di stimolo e di crescita sia intellettuale che spirituale.

 

quel che resta
Ignazio Fresu-Quel che resta